La riserva della Bessa: l’oro dei romani
La riserva della Bessa è un posto curioso. Un paesaggio a tratti lunare figlio di una delle più grandi miniere d’oro a cielo aperto dell’antichità. Un posto in cui passeggiare tra montagne di ciottoli o scoprirsi cercatori d’oro per un giorno. Non pensate a un’oasi verde: non è forse il Klondike di Paperon de Paperoni ma certo, alcuni scorci, sono del tutto inaspettati.
Tra Biella e Ivrea c’è un “angolo di natura” di circa 8 km quadrati in cui camminare su sentieri e tra grandi cumuli di ciottoli; si tratta delle pietre di scarto della ricerca dell’oro, piccole “colline” che raggiungono però anche i 10 metri di altezza e larghezze variabili da pochi metri fino a centinaia. Non solo. Nella riserva si è sviluppata una flora rara e la natura offre riparo a molte specie animali; se vi fermerete fino a tardi, i richiami che vi faranno compagnia, saranno quelli di Allocchi e Barbagianni. Partite dal centro visite a Zubiena, raccogliete le informazioni per una buona escursione e scegliete se scoprire la riserva della Bessa con una visita guidata oppure lungo 3 piste ciclabili, piuttosto che con un trekking, a cavallo o in MTB seguendo uno dei 5 sentieri presenti. Se cercate qualcosa di unico, a Victimula, il villaggio dei cercatori d’oro, c’è l’arena che ha ospitato i Campionati Mondiali dei Cercatori d’Oro; fate un giro al museo, partite per un’escursione archeologica o diventate cercatori d’oro sul torrente Elvo. Chi cerca trova, si sa mai…
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La natura selvaggia dell’oasi di Boscoforte
Immaginate di esplorare una lingua di terra che si protende esile nel blu delle valli di Comacchio; immaginate di lasciarvi avvolgere dai mille richiami degli uccelli e cullare dal vento che agita le criniere dei cavalli bradi. L’oasi di Boscoforte è speciale! Lo capirete arrivando: superate le case di Sant’Alberto infatti, sarà un piccolo traghetto a fune a portarvi con aria nostalgica e nessuna fretta, oltre il corso del fiume Reno. È lì che, oltre l’argine, inizia lo sterrato solitario e assolato che costeggia le valli fino al cancello sui cui campeggia la scritta Bosco Forte; oltrepassarlo sarà come superare l’ingresso di Jurassic Park.
Giusto a metà strada tra le province di Ferrara e Ravenna, a un passo dal mare Adriatico, vi aspetta un angolo piuttosto riservato del parco del Delta del Po, una lingua che si allunga sottile per circa 6 km in un ambiente ricco di biodiversità per la presenza di acqua dolce e salmastra. Vi aspettano 40 specie che hanno scelto di abitare questa penisola segreta perciò, binocolo obbligatorio e macchina fotografica da non dimenticare! La visita può essere fatta solo accompagnati dalle guide ambientali che sapranno raccontarvi i diversi ambienti e gli animali che la popolano: in silenzio potrete passeggiare e appostarvi per ammirare i tanti uccelli ma anche gli splendidi cavalli bianchi Delta/Camargue che vivono nella riserva allo stato brado o, se deciderete per un giro in primavera o in autunno, avvistare la grande colonia di fenicotteri rosa.
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Alle sorgenti sulfuree del Lavino
Le sorgenti del Lavino si trovano all’interno di un parco in cui l’acqua di colore azzurrissimo nasce da risorgive nel bosco; vi sorprenderà vederla sgorgare da piccole polle del terreno dando vita a ruscelli e laghetti che confluiscono in un unico corso d’acqua. Vi sorprenderà anche l’odore di zolfo che resta un piccolo prezzo da pagare per tanta bellezza…
Troverete un’area attrezzata con strutture e giochi per i più piccoli e con tavoli e panche per un pic-nic all’aperto; poco distante vi aspetta il primo laghetto e l’inizio del percorso che vi porterà alle sorgenti o al mulino. Si tratta di una passeggiata in piano su un sentiero nel bosco, davvero alla portata di tutti, gradevole anche in estate. Senza calcolare soste, si cammina 30/40 minuti. Boschi di pioppi, salici e sambuco coprono i quasi 40 ettari del parco alternandosi a zone di ginestre, biancospini e piante palustri che sono la casa di alcune specie di animali come il martin pescatore, le ballerine gialle, le gallinelle d’acqua e tanti piccoli uccelli che sbucano nel verde come i ricci e qualche guardinga volpe. Il parco raccoglie anche testimonianze del lavoro dell’uomo che nel corso dei secoli ha impiegato l’acqua del fiume per scopi diversi, alimentando una centrale o costruendo canali e barriere per irrigare i campi; l’impiego più affascinante lo vedrete arrivando al seicentesco mulino Farnese, che ci auguriamo possa tornare presto visitabile.
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